Franca Valeri, nel 1963, girò un gustosissimo video con lei che, passeggiando per via Montenapoleone a Milano, commentava le vetrine.
Molti dei vestiti che propone POP-PEONIA sono stati acquistati, a suo tempo, proprio in Montenapoleone, via che la Valeri definisce, con arguzia, “fina”.
Andate a vedere i nostri vestiti di Pirovano, una casa di moda che aveva le sue vetrine al n. 8. Era nata, poco prima della seconda guerra mondiale, dal piglio imprenditoriale di Emma Maria Bonfanti, con la complicità delle sorelle Anita e Iride. In un primo momento si trattava di una sartoria molto artigianale. Ma dopo il matrimonio con il pellettiere Felice Pirovano, la sartoria diventa un vero e proprio atelier, frequentato dalla Milano bene.
Vi proponiamo il video di Francesca Valeri e la trascrizione del monologo, dove ci siamo divertiti a ricostruire i nomi dei negozi che sfiora al suo passaggio.
In fondo, questa via Montenapoleone… Intanto nasce bene proprio come nome, poi si fa anche presto farla diventare simbolo di snobberia di quart’ordine. È una strada fine, anzi “fina”, come diciamo noi a Milano.
Intanto comincia da niente: il suo caffè con rivendita; le sue calze per signora [Nailon Stile], come in una via popolare; negozietti piccoli, eccoli là. Lo so io, che sono milanese, che lì ci sono le scope delle grandi famiglie. In un portone le collane delle grandi sarte. A un primo piano qui sopra, come niente, si nasconde le cure estetiche di mezza Milano bene ma, di fuori, si vede poco. Mi compiaccio proprio, toh.
Io, che non ci abito più a Milano, vedo che questa stradina di razza ha conservato il suo inizio quasi popolare, di grande stile proprio. Vien su trasandata come una principessa, percorsa da colbacchi da grande potenza socialista, che non sanno che quei due cosini lì in vetrina costano qualche milione. Loro via, un’occhiata ai profumi (che effettivamente sono gli stessi che in corso Garibaldi) [Profumeria Gentile]. Ma in quella drogheria lì [Drogheria Parini], dietro ai fichi secchi, ci sono delle marmellate che neanche a Londra; e qui i francobolli più rari [Bolaffi]; e lì, audacemente, mobili finti di prima che esplodesse l’antiquariato; e i buddha d’oro che si portavano nel ’28 [Faraone]. A proposito, per Pasqua mi comprerò un cappellino per la mia nipotina: c’è un bel negozio per bambini, credo che con 50mila lire me la cavo.
Si capisce, andando in su tutto peggiora, si va verso la zona Duomo.
Ecco, se quel caffè lì [Pasticceria Cova] fosse stato pochi metri più indietro – è frequentato benissimo e non c’è una frollina che non sia fresca – però avrebbe osato conservare il suo finto Luigi XVI. Si intende, il più bel milanese allo stato di suono puro si sente lì, dopo le cinque però. Meglio di quello delle dodici e mezza perché, alle dodici e mezzo, ci sono troppi uomini, quindi infiltrazioni di tutti i generi.
Però che errore questo negozio di fiori: mettere fuori le orchidee, neanche una corbeille mista alla francese… si va verso la zona Duomo.
Ma tanto la vera signora sa che, in questa strada, la mattina, si ordinano i fiori al baracchino, fermandosi appena a dire due parole, in milanese (dialetto puro), mentre il cane fa pipì contro i vasi di latta.
Bisogna saperla lunga per capire questa strada sennò, ecco, questi colpi di cristalleria ti distruggerebbero un mito. E invece no, si sopporta, perché l’aristocratico affronta la realtà, non la vede e, quello che vede, lo diverte.
Però, se uno vuole una carta da parati del novecentodieci per la nursery come non ce l’ha più nemmeno Margaret, qui deve venire [Tappezzeria Meroni].
Anche se la zona Duomo di qui preme molto, accidenti come preme. Però si può stare tranquilli che qui, qualunque cosa uno la paga di più [Pirovano].
La strada poi, se vogliamo, ha un colpo di coda, delizioso, prima di immergersi nel neon, nella Metropolitana, nel grattacielo di mezza tacca: in questa casa, elegantissima, visse e morì Carlo Porta, che di lei adesso avrebbe detto le più geniali oscenità.